Editoriale
Abstract
Il secolo scorso Goffman definiva i penitenziari come luoghi di residenza e di lavoro di gruppi di persone che condividono una situazione comune, trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso, la cui caratteristica totalizzante si esprimerebbe con l'impedimento allo scambio sociale e ai rapporti con il mondo esterno (Goffman 1961: 11). Delle istituzioni totali e totalizzanti dove, in ottica foucaultiana, una forte organizzazione burocratica gestisce masse di individui, esercitando su questi ultimi un forte controllo al punto da determinarne azioni, relazioni e identità; un regime disciplinare e punitivo, strutturato per produrre cittadini specifici (Foucault 1975: 135). Un’interpretazione netta e fin troppo rigida per rappresentare ancor oggi il mondo sommerso, se vogliamo oscuro, della realtà penitenziaria italiana e internazionale. Per comprendere l’esperienza della prigionia odierna, risulta invece più congruo riferirci a siti di confinamento (Pandolfino 2022), dove è necessario guardare non solo alle istituzioni o ai luoghi, ma anche alle relazioni tra siti, pratiche, relazioni sociali e soggettività (Jefferson 2014: 49)....
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Riferimenti bibliografici
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