La lunga durata di Gaspara Stampa
Abstract
Gaspara Stampa, poetessa veneziana (ma padovana di nascita), era ammirata ed elogiata dai suoi contemporanei per l’alta qualità dei suoi versi («gran poetessa»), come attestano le dediche a lei dei libri di Francesco Sansovino, Girolamo Parabosco e il Primo libro dei madrigali di Perissone Cambio. Era inoltre celebrata per la sua abilità di «musica eccellente». Il sonetto proemiale delle sue Rime, oltre ad enunciare l’argomento e la causa degli «amorosi lamenti», chiama in causa (nelle terzine conclusive) un pubblico femminile («qualcuna») ed esprime in clausola una velata forma di autorialità («con tanta donna a paro»). Sarà una sua appassionata lettrice, Luisa Bergalli, quasi due secoli dopo l’editio princeps delle Rime, a riportare l’attenzione sulla poesia di Gaspara Stampa, dapprima riservandole ampio spazio tra le rimatrici del Cinquecento nella raccolta antologica Componimenti poetici delle più illustri Rimatrici d’ogni secolo (1726), e qualche anno più tardi riproponendone le Rime, corredate da un ampio paratesto (1738). Dopo quello di Bergalli, seguiranno altre forme di «revisione» della figura di Gaspara Stampa, di cui mi limito a citare Diodata Saluzzo di Roero con la sua novella eponima, agli inizi dell’Ottocento. A conclusione di questo breve excursus, propongo una riflessione sul Libro delle ottanta poetesse, progettato e ideato da Cristina Campo, di cui ci è rimasta solo una breve scheda editoriale di presentazione.
Copyright (c) 2023 Adriana Chemello
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