La mia distanza dalle stelle
Utopia e distopia nel canzoniere di Fabrizio De André
Abstract
Andrea Cannas
Il canzoniere di Fabrizio De André può anche essere contemplato alla luce dell’affollato viavai di personaggi mossi da quella grande forza che governa il più vasto mondo della narrativa: il desiderio, inteso come distanza da colmare, il quale agisce alla stregua della gravità ma entro i più vaghi confini dell’universo della finzione. Per ciascuno di loro l’autore ha distillato il ricordo perfetto che definisce, insieme alla storia di una vita, la direzione ultima della loro esistenza. A volte capita che le variegate traiettorie delle figure implicate s’intersechino, mentre in altre circostanze, per una sorta di affinità elettiva, pare vogliano tanto squisitamente combaciare da apparire una congiuntura narratologicamente rilevante. Se le singole voci del canzoniere sono in grado di allacciare scambievolmente un dialogo che innesca un significato ulteriore, allora possiamo forse cogliere in esso non solo le significative corrispondenze di un macrotesto, ma i segnali che derivano dalla struttura biologica di un unico corpo organico.
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