Tradurre sotto il fascismo
Abstract
Cesare Pavese, per primo, parlò degli anni Trenta come del decennio – italiano – delle traduzioni. Christopher Rundle parte da lì per un importante studio sul "problema delle traduzioni" durante il fascismo, Publishing Translations in Fascist Italy, Peter Lang, 2010. Riesce così a fornire un panorama convincente di uno dei dibattiti più caratteristici del Ventennio, e a ridiscutere alcuni assunti come la centralità della letteratura anglo-americana nelle preoccupazioni dei "censori". Perché di amministrazione della cultura si parla: della censura porosa e discontinua – o comunque tardiva – messa in atto dal fascismo per limitare “l’invasione delle traduzioni”. Un interesse, quello nei confronti della politica e della censura editoriale durante i fascismi che sembra ormai centrale negli studi di italianistica e traduttologia.
Il secondo volume recensito - Christopher Rundle and Kate Sturge, Translation under Fascism, Palgrave Macmillan, 2010 presenta una serie di studi sullo statuto delle traduzioni durante i regimi totalitari. Questa collezione di saggi va oltre i confini italiani e tedeschi e si occupa delle politiche di traduzione dei regimi fascisti europei, contribuendo ad allargare e mettere in discussione non solo la nostra conoscenza delle pratiche censorie in diversi ambiti espressivi, ma anche la stessa idea di regime fascista.
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