«Do you (really) believe in evil?». Psycho, la serialità televisiva e il suo spettatore
Abstract
L’influenza esercitata da Hitchcock sul cinema è un dato tanto notorio quanto sottovalutato dagli studi. Ancora di più lo è la sua influenza sulla televisione. Questo saggio utilizza un esempio significativo – quello che coinvolge il film Psycho (Psyco, 1960) – per mettere in luce alcuni mutamenti radicali subiti dalla gestione dell’intertestualità nel contesto dell’evoluzione subita dalla serialità televisiva negli ultimi trent’anni. Sensibilmente diverse appaiono infatti le modalità di tale gestione da parte della serialità cosiddetta classica e di quella più recente, variamente definita come ‘nuova’ o ‘di qualità’. Cambia altresì la selezione operata sul complesso materiale offerto dal modello, il quale deve la sua fortuna a intuizioni relative a questioni complesse da affrontare per la serialità classica, come l’intreccio tra morte, instabilità mentale e sessualità eteroclita, o come il carattere performativo del gender. Si metterà infine in luce come a mutare, al fondo, sia la concezione dello spettatore e delle sue prassi di visione, che risultano essere molto diverse tra le due forme di serialità e che incidono in modo radicale sulla loro scrittura e sulla loro concezione formale e strutturale.
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