Il riso come antidoto al “pericolo roseo” nella narrativa della Marchesa Colombi
Abstract
L’attivazione trasversale e persistente di meccanismi di svalutazione e di contenimento dell’ironia e dell’umorismo femminili, specie sul piano della rappresentazione letteraria, ha innescato fino a tempi recenti dinamiche di esclusione e/o di inclusione gerarchizzata nel sistema culturale dei prodotti letterari umoristici per mano femminile.
Il contributo intende lasciar riemergere, dalla «galassia sommersa» (Arslan) della scrittura di autrici italiane, il romanzo Matrimonio in provincia (1885) della Marchesa Colombi, proprio alla luce della sua fondante qualità umoristica, così rara nella narrativa italiana femminile, soprattutto in una tranche storica (gli anni 80 dell’Ottocento) che vede le scrittrici, tra tocchi decadenti e realisti, dipingere per lo più universi narrativi oppressi da sistemi di valori patriarcali, nei confronti dei quali le blande forme di resistenza messe in atto dalle protagoniste si declinano in atti suicidi o in una grama rassegnazione a un destino non desiderato.
Al contrario, il guizzo leggero eppure mordace della scrittura della Marchesa, la sua risata cruda e amara, ironica e perturbante, che aggredisce la realtà e ne provoca il suo grottesco rovesciamento, scatenano alterazioni così significativamente trasgressive del sistema narrativo canonico da sconquassare i clichés della letteratura rosa tradizionale e da mettere, così, in discussione la rappresentazione simbolica e materiale delle donne nell’immaginario collettivo di un’epoca.
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