Pratiche di cantiere e continuità funzionali: osservazioni sulle modalità di rinnovamento in alcune fabbriche veronesi di epoca romanica
Abstract
La necessità di garantire la continuità della prassi liturgica nei momenti di adeguamento del corpo architettonico richiese alle volte l'adozione di metodi di gestione del cantiere molto attenti alle preesistenze. Ciò è soprattutto evidente nei casi in cui si è innanzi a realtà di qualche rilievo, che dovevano mantenere in funzione lo spazio sacro anche durante le articolate operazioni edilizie di rinnovamento. Se addirittura si fosse programmata la sostituzione dell'intera fabbrica, ogni azione avrebbe dovuta essere accuratamente coordinata e il progetto doveva tenere in considerazione l'antica struttura da mantenere integra il più a lungo possibile. Nel saggio vengono individuati alcuni casi a Verona in cui sembra di rintracciare un preciso programma di avvicendamento che addirittura giunse a condizionare il nuovo progetto. Il monastero di San Fermo maggiore (1065) e la cattedrale di Santa Maria matricolare (prima metà del XII sec.), attraverso la valutazione di alcuni indicatori archeologici, suggeriscono che fu adottata una precisa volontà a preservare la struttura preesistente fino a quando quella nuova fosse stata in grado di accogliere pienamente le azioni rituali e riverberarle nel futuro senza cesure. In entrambi i casi le antiche fabbriche furono sostituite integralmente mantenendo intatta la propria struttura fino alla fase più avanzata dei lavori della nuova struttura romanica.
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