Le parole sul muro sono un’altra cosa. La re-materializzazione dell’opera d’arte: Lawrence Weiner dalla carta alla parete
Abstract
All’interno della cerchia di artisti che, tra il 1966 e il 1972, portano avanti la dematerializzazione dell’oggetto artistico (Lippard 1973), Lawrence Weiner è probabilmente quello che ha utilizzato il linguaggio in modo più coerente e esclusivo. L’enunciazione verbale della scultura diventa la scultura stessa, ogni sua eventuale realizzazione spetta al “ricevitore”, ogni opzione è parimenti legittima. Questa linea teorica rigorosa è complicata però dal trasferimento, a partire dai primi anni Settanta, della scritta dalla carta al muro. La transizione avviene in Italia, quando Weiner fa visita a Giuseppe Panza di Biumo nella sua villa di Varese, e vi trova una delle sue opere riportate sul muro (Weiner 1982). L’evento segna l’avvio di una serie di sperimentazioni sul carattere e la composizione tipografica.
La parete contraddice sia la dematerializzazione del linguaggio che la tridimensionalità della scultura, reintroducendo il visuale all’interno del concettuale. Il contributo esamina i presupposti e le conseguenze di questo ritorno, esplorandone le connessioni con il sistema dell’arte internazionale, e in particolare i legami con il contesto italiano, in cui Arte Povera da un lato e ricerche verbo-visuali dall’altra ridefinivano il rapporto fra arte e linguaggio.
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