L’amore svenduto nella Commedia: uomini «a mal più ch’a bene usi» e donne vittime di un dovere imprescindibile
Abstract
I versi della Commedia custodiscono e disvelano un universo poliedrico di figure femminili, ritratti vivi e indimenticabili, le cui fattezze rivelano la cura e la sensibilità del Poeta nel tratteggiare le innumerevoli sfumature di identità di donne del suo tempo – e non solo – spesso avvicinate dal medesimo destino: una vita trascorsa nel dovere inderogabile del pieno compiacimento maschile, una vita privata del diritto inviolabile della libertà.
Si proporrà una casistica delle vite di alcune tra le donne più note del dettato dantesco come principale testimonianza di una delle molteplici sfaccettature della realtà dell’esser donna e moglie nel Basso Medioevo: fanciulle condannate a vivere una vita che non avevano avuto la possibilità di scegliere e a conformarsi allo schema rigido che ne ha connotato ruoli, diritti e doveri entro i confini di un’esistenza programmata, che ha preteso di definire la liceità dell’esser ‘femmina’: prima figlia per siglare alleanze, poi moglie per generare discendenza.
Il profondo impulso etico della scrittura dantesca non può in ogni caso cancellare l’appartenenza della Commedia e del suo Poeta a un sistema socioculturale regolato, talvolta, da norme che a un lettore moderno parrebbero orientate verso criteri di prevaricazione e ingiustizia: ammessi e invocati nel matrimonio coniugale, respinti e condannati al di fuori di esso.
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