Fingersi è conoscersi. L’ontologia del personaggio e quello stato o qualità del sé chiamato ‘sincerità’
Abstract
L’obiettivo del presente saggio è valorizzare le potenzialità della "finzione" letteraria e teatrale secondo tre diversi registri: (a) logico (b) gnoseologico (c) modale. Dal punto di vista logico, la finzione poetico-drammaturgica sfida il principio aristotelico di non contraddizione: nell'atto simbolico in cui x simula di essere y, x non cessa di essere sé stesso per diventare altro. La finzione non implica l'abbandono di un'identità per conquistarne una nuova e diversa: essa è la coesistenza di identità e differenza, dell’identità e della sua inesauribile alterazione. È una coesistenza contraddittoria rispetto alla logica classica, ma questa contraddizione è la natura irrevocabile dell'attività simbolico-immaginativa dell'essere umano. Secondo una prospettiva gnoseologica, un'attenta analisi conduce a un ripensamento dell'opposizione statica tra vero e falso, cosicché nella "simulazione" x e y sono entrambi veri o entrambi falsi; una gnoseologia basata su una disgiunzione inclusiva sostituisce quella basata su una logica esclusiva. Infine, dal punto di vista modale, la finzione poetico-letteraria rompe il meccanismo che sottomette il possibile al reale, relegandolo all'inesistenza e alla non attualità.Il grande romanzo, quando è davvero un grande romanzo, attualizza il possibile e allo stesso tempo possibilizza il reale. Né la staticità della realtà, né l'evanescenza della possibilità, ma la vertigine della virtualità è la dimensione propria della finzione narrativa, cioè non più la dimensione dell'individuo ma del suo sfondo patico e inintenzionale: la singolarità.
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