Chris Ware e la costruzione dello spazio rizomatico
Abstract
Spazio e tempo nel fumetto sono legati in maniera indissolubile (Kukkonen 2013). Sin dagli albori di questo medium i fumettisti hanno riempito lo spazio della pagina di particolari e complesse strutture per catturare, ingabbiare e rappresentare lo scorrere del tempo per fini narrativi (Barbieri 1991 e 2010, Frezza 1999). Sulla tavola ben composta dall’autore, allora, ci troviamo spesso a percorrere le storie raccontate procedendo linearmente in avanti di vignetta in vignetta fino alla conclusione. Il supporto materiale su cui compare la storia, poi, lungi dall’essere un elemento neutro, non solo indirizza il rapporto dell’autore con lo spazio semiotico della narrazione sequenziale (Noth 1990), ma anche agisce anche sulla relazione percettiva, affettiva e sensoriale tra dispositivo e readership.
Lo spazio della pagina e il supporto fisico, quindi, offrono al fumettista libertà e restrizioni, impongono regole e convenzioni che possono essere seguite o infrante, o ancora mostrate e superate (Lefèvre 2009).
In una fase di potente riconfigurazione degli assetti mediali del fumetto (Frezza 2013), in direzione di una massiccia convergenza di media, culture e tecnologie (Jenkins 2007), numerosi sono gli esempi di opere che lavorano proprio sulle strutture spaziali, in senso fisico e semiotico, del medium fumettistico. Tra queste sperimentazioni, il caso su cui ci concentreremo è quello di Chris Ware, autore capace di plasmare, con uno stile grafico apparentemente semplice e lineare, strutture temporali e narrative rizomatiche (sul concetto di rizoma si rinvia al noto Deleuze e Guattari 2003). Si fa spazio, in questo rinnovato mediascape, anche una tipologia di fumetto di caratura metariflessiva e filosofica, in grado di ripensare le sue stesse condizioni iconopoietiche: l’esempio più alto di tale forma grafica, in grado di configurarsi come vera e propria avventura per immagini nei territori del pensiero, è l’opera di Chris Ware (Tinkler 2008, Ball, Kuhlman 2011, Bartual 2012), illuminando così una nuova area di ricerca sui fumetti come strumento filosofico (McLaughlin 2005).
In questo intervento analizzeremo, in particolare, il graphic novel Building Stories (2012) (Dittmer 2014, Siirtola 2014, Morini 2015). Tenteremo di comprendere le strategie con cui l’autore usa il graphic novel come strumento di pensiero a partire proprio dal tentativo di ripensare i limiti e i confini della pagina, ponendosi così al di fuori della tradizionale logica narrativa di tipo sequenziale in una direzione di architettura multidimensionale (Bredehoft 2006, Reid 2017). Indagheremo la peculiare costruzione dello spazio narrativo che non si limita alla sola pagina del tipico graphic novel, rinnovandone radicalmente le forme (Baetens 2008), attraverso artifici extra-narrativi in una storia dalla struttura aperta e percorribile in più sensi di direzione e mediante i supporti e i dispositivi più disparati (Hadler e Irrgang 2014). La costruzione di questo spazio narrativo atipico e non gerarchico fa da apripista a una nuova idea di fumetto capace di confrontarsi - e di trarre linfa vitale – con lo spazio ibrido, immersivo, distribuito e partecipato dei media digitali e del Web.
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Riferimenti bibliografici
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