Ripensare la Grande Guerra: ancora a proposito di Viva Caporetto! La rivolta dei santi maledetti di Curzio Malaparte.
Abstract
La prima guerra mondiale, anche nell’occasione del suo centenario, è stata da sempre oggetto di riflessioni per quanto riguarda la memorialistica, i diari, la letteratura e il cinema. In quanto evento, come più volte sottolineato, di inizio (del “secolo breve”) di cesura del tempo della modernità, di disillusione (rinarrata e raccontata) per una generazione, e al contempo oggetto di mitizzazione (i fascismi e il mito delle trincee sanguinanti) o di rimozione e di opposizione (per un’altra generazione, quella dell’antifascismo e della resistenza). Laboratorio sociale, scientifico e culturale ("L’officina della guerra", per dirla con Gibelli), per il rapporto fra innovazione letteraria, diaristica e percezione (da Céline a Cendrars, a Musil).
Lo scopo di questa comunicazione è, tenendo conto di tale vasto orizzonte di esperienze, di riprendere un caso specifico: l’ipotesi del legame guerra/”rivoluzione possibile”, per come presentato da Curzio Malaparte nel suo Viva Caporetto! La rivolta dei santi maledetti. E’ noto il percorso complesso e contraddittori di Malaparte (dall’adesione al fascismo, fino alla sua critica e rifiuto, attraverso la visione anarchica che gli era propria, e all’avvicinarsi al partito comunista e alle idee di sinistra dopo la seconda guerra mondiale). In ogni caso, cercheremo di mostrare quali dispositivi valoriali e discorsivi vengono a costituirsi nel testo di Malaparte. Testo interessante anche per un lavoro di comparazione con altri testi e autori: sia dal punto di vista tematico che di organizzazioni dei punti di vista, nelle forme dell’enunciazione; così come delle organizzazioni narrative, che espongono la vicenda non solo della disfatta di Caporetto, ma, più in generale, del “momento in cui gli uomini decidono di smettere di combattere” e, forse, di trasformare questo momento in qualcos’altro.
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