Suicidio e autocensura nelle traduzioni italiane dei Frauenromane
Abstract
Fra i numerosi romanzi tedeschi che si imposero sulla scena editoriale dell’Italia degli anni Venti e Trenta, i Frauenromane, romanzi scritti da donne e rivolti a donne, veicolavano il modello della Neue Frau weimariana, donna lavoratrice, economicamente indipendente e sessualmente emancipata. La circolazione di alcuni di questi volumi fu ostacolata dal regime fascista che, impensierito dal potenziale anticonformista di questi testi, era attento ad assegnare ben altri ruoli alle donne italiane, isolando ogni minaccia di sovversività.
Uno dei temi più scomodi – aborto, emancipazione femminile – era il suicidio, ritenuto tanto immorale quanto pericoloso per il suo rischio emulativo. Tramite una diffusa pratica dell’autocensura editori e traduttori si cautelarono da inutili costi di pubblicazione ed elusero il rischio di sequestri, rimuovendo dai testi gli elementi che avrebbero incontrato la resistenza del regime. Ancor prima di andare in distribuzione, i Frauenromane furono così ripuliti a fondo di gran parte delle scelte più audaci delle eroine weimariane, perdendo così il loro sapore sociale più provocatorio.
Sulla scorta di un corpus di romanzi al femminile e delle rispettive traduzioni italiane, l’articolo propone un’analisi dei meccanismi di (auto)censura che regolarono l’ingresso dei Frauenromane nel sistema letterario italiano.Downloads
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