"Una guerra tra buffoni?" Censura e autocensura nella letteratura postcoloniale
Abstract
Nel loro rapporto di costante imbricazione reciproca, censura e autocensura riguardano molte opera letterarie postcoloniali, appartenenti a periodi e collocazioni geografiche diverse tra loro. In virtù della grande varietà degli oggetti d’analisi, un approfondimento di ricerca che riguardi censura e autocensura nella letteratura postcoloniale deve potersi avvalere di molteplici approcci comparativi.
Infatti, mentre gli effetti censori dello stesso discorso coloniale influenzano le questioni di razza, classe e gender che interessano le popolazioni colonizzate, producendo un fenomeno transnazionale noto come “esotico postcoloniale” (Huggan 2001), la necessità di un’indagine comparativa si afferma anche in epoca post-coloniale, nel caso di censura da parte dello Stato o delle gerarchie religiose.
Ciò permette di prendere in considerazione le specificità di ciascun contest nazionale e culturale, tenendo presente, allo stesso tempo, l’esistenza di aspetti politici, culturali e letterari condivisi. Per quanto riguarda l’impianto teorico-metodologico sul quale si può basare questa comparazione, esso implica spesso un’analisi dei processi generali di costruzione della nazione postcoloniale, così come le relazioni di questi ultimi con l’uso dell’allegoria postcoloniale (Jameson 1986, Slemon 1988). La lotta contro la censura, difatti, implica la decostruzione e insieme la riaffermazione di una stereotipata dicotomia orientalista (Said 1978) tra liberalismo europeo e “dispotismo asiatico” – producendo una situazione di relatività e ambiguità politica o, nelle parole di Rushdie, “una guerra tra buffoni” (1990: 179).
L’articolo si concentra su due case studies specifici – Haroun and the Sea of Stories (1990) e Shalimar The Clown (2005) di Salman Rushdie, e la trilogia di romanzi “Variations on the Theme of an African Dictatorship” (1979-1983) di Nuruddin Farah – nei quali gli autori rappresentano e al tempo stesso mettono in discussione fenomeni di censura e autocensura. L’investimento tematico sulle figure del folle e del buffone, sulla doppia soglia di verità/falsità e parola/silenzio, diviene lo snodo cruciale neltentativo di entrambi gli autori di riconsiderare la censura postcoloniale come inerente in modo specifico alla costruzione della nazione postcoloniale e, al tempo stesso, come operazione di decostruzione della dicotomia la posizione liberale occidentale (nonché coloniale) e le forme di autoritarismo postcoloniale.
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