Ricezione ed elaborazione della retorica politica contemporanea: il caso della poesia dell'ultimo Raboni
Abstract
Nell'ultima fase della sua poesia, Giovanni Raboni ha affrontato la questione della retorica e del linguaggio della politica italiana contemporanea: in Ultimi versi, uscito postumo per Garzanti nel 2006, l'autore si appropria di sintagmi, tessere linguistiche, espressioni ridondanti della propaganda di Berlusconi, e li ristruttura nel verso, in chiave satirica e di denuncia.
Per chiarire le peculiarità di questa operazione poetica giova confrontare le poesie di Ultimi versi con i componimenti politici di Cadenza d'inganno, raccolta raboniana del 1975, definendo le precise corrispondenze che intercorrono. Inquadrata la raccolta postuma all'interno dell'opera di Raboni, si procede all'analisi del fenomeno di appropriazione e restituzione che il poeta ha condotto sulla lingua del potere berlusconiano. Da tale indagine - portata avanti attraverso la disamina dei manoscritti autografi preparatori di Ultimi versi, stesure e abbozzi scritti in un taccuino conservato nell'archivio privato “Valduga” di Milano – emerge l'intervento di messa a nudo, di dileggio e di denuncia del linguaggio politico, nonché un esempio di come la retorica del potere possa entrare, seppur in una prospettiva di ribaltamento e straniamento, in un corpus poetico tra i più importanti del secondo Novecento.
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