ABside
https://ojs.unica.it/index.php/abside
<p>ABside è una rivista internazionale, peer review e Open Access di Storia dell'Arte dell'Università degli Studi di Cagliari. È classificata come rivista scientifica per le Aree 10 e 8 dall’ANVUR (agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca). La rivista accetta contributi inediti in italiano, inglese, spagnolo e francese. Ha periodicità annuale in pubblicazione continua (PC), a partire dalla Call for Papers con chiusura del numero a fine anno solare.</p>Università degli Studi di Cagliariit-ITABside2704-8837<p>Gli autori che pubblicano su questa rivista accettano le seguenti condizioni:</p> <p>Gli autori mantengono i diritti sulla loro opera e cedono alla rivista il diritto di prima pubblicazione dell'opera, contemporaneamente licenziata sotto una Licenza Creative Commons - Attribuzione - Non opere derivate 4.0 Internazionale che permette ad altri di condividere l'opera indicando la paternità intellettuale e la prima pubblicazione su questa rivista.</p> <p>Gli autori possono aderire ad altri accordi di licenza non esclusiva per la distribuzione della versione dell'opera pubblicata (es. depositarla in un archivio istituzionale o pubblicarla in una monografia), a patto di indicare che la prima pubblicazione è avvenuta su questa rivista.</p> <p>Gli autori possono diffondere la loro opera online (es. in repository istituzionali o nel loro sito web) prima e durante il processo di submission, poiché può portare a scambi produttivi e aumentare le citazioni dell'opera pubblicata (Vedi The Effect of Open Access).</p>Una chiesa perduta e il suo committente nella Bisanzio paleologa: S. Giovanni a Selymbria e il parakoimomenos Alessio Apocauco
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6356
<p>Questo contributo propone un approfondimento sul rapporto tra arte e società nella Bisanzio di epoca paleologa attraverso l’esame circostanziato di un caso esemplare di mecenatismo aristocratico alle porte di Costantinopoli. Oggetto dello studio è la perduta chiesa di San Giovanni a Selymbria (oggi Silivri, nei pressi di Istanbul), eretta per volontà del parakoimomenos e megas doux Alessio Apocauco (ca. 1280-1345), personalità di spicco nelle turbolente vicende politiche che segnarono l’impero durante la prima metà del XIV secolo. L’edificio, trasformato in moschea poco dopo la conquista ottomana della città (1462-1463), già alla fine del XIX secolo era ridotto allo stato di rudere e scomparve definitivamente al termine della Grande Guerra. Tuttavia, è possibile elaborare una ricostruzione “virtuale” di alcuni aspetti della chiesa grazie all’analisi comparativa di ciò che di essa sopravvive, di alcune fotografie storiche poco note, delle descrizioni fornite da viaggiatori e archeologi ottocenteschi e un gruppo di capitelli con i monogrammi di Alessio Apocauco oggi custoditi presso il Museo Archeologico di Istanbul. Una nuova indagine ravvicinata della chiesa di Selymbria consente non soltanto di gettare una luce inedita sulla figura del committente e sul suo rapporto con le arti, ma anche di restituire</p>Rebecca Amendola
##submission.copyrightStatement##
2024-10-232024-10-23632210.13125/abside/6356Nuove sculture per la cattedrale di Santa Maria de Episcopio a Benevento
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6354
<p style="font-weight: 400;">Il contributo intende rendere noti e contestaualizzare, per quanto possibile, una serie di lacerti scultorei reimpiegata nell’archivolto del portale maggiore del Duomo di Santa Maria a Benevento e finora passata inosservata. Questi, malgrado la loro frammentarietà, dovevano comporre delle lastre trapezoidali, probabilmente appartenenti al timpano scolpito sul portale dell’edificio, con la rappresentazione speculare di una coppia di pistrici. Alla luce del soggetto raffigurato, ricorrente negli arredi liturgici soprattutto campani tra XI e XIII secolo, la serie di elementi scultorei è stata messa in relazione con una coppia di rilievi con spire squamate del Museo del Sannio, per cui si suppone una comune provenienza dal complesso episcopale. Questa nuova acquisizione ha consentito di riconsiderare, inoltre, la cronologia solitamente ipotizzata per il cantiere della cattedrale. Sulla base delle fonti coeve e dell’originaria dedicazione epigrafica della <em>Janua Maior</em>, è stato possibile datare il riallestimento dell’area presbiteriale e l’erezione di parte della facciata e della porta bronzea tra il secondo e il terzo quarto del XII secolo. L’articolo è seguito da una breve nota che dà conto di come sono state realizzate le tavole di ricomposizione dei frammenti.</p>Gianluigi Viscione
##submission.copyrightStatement##
2024-10-232024-10-236235010.13125/abside/6354La escultura arquitectónica de la casa medieval (Mallorca). Puesta en valor, reubicación y nuevos usos
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6350
<p style="font-weight: 400;">Este trabajo pretende poner el acento en un patrimonio de época medieval poco conocido a partir del estudio de un caso circunscrito a Mallorca; a saber, la escultura arquitectónica de la casa medieval. En comparación con otras manifestaciones artísticas del período, tradicionalmente ésta se había estimado como secundaria, hecho que condicionaba su conocimiento, protección y puesta en valor. A partir de un elenco de obras, seleccionadas en base a criterios relativos a su preservación, reubicación y nuevos usos, incidiremos en la importancia de la recuperación, conservación y puesta en valor de esta tipología escultórica, para así ajustarnos al lema del monográfico en que se incluye el artículo.</p>Antònia Juan Vicens
##submission.copyrightStatement##
2024-10-232024-10-236516610.13125/abside/6350Il «pontificium coemeterium» già nel transetto settentrionale della Cattedrale di Palermo
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6361
<p style="font-weight: 400;">Messo in ombra dalla straordinaria fortuna del sepolcreto regio già nel transetto meridionale della Cattedrale di Palermo, il sepolcreto episcopale, nel transetto settentrionale fino alla seconda metà del XVIII secolo, non è stato finora oggetto d’indagini particolari, fatta eccezione per un paio di contributi ottocenteschi successivi al suo trasferimento nella cosiddetta cripta della chiesa e per gli studi sui sarcofagi antichi reimpiegativi. Alla luce di fonti edite e inedite più o meno note, in quest’occasione si propongono sia un riesame delle tombe medievali del sepolcreto sia un’ipotesi sulla <em>ratio</em>che governava la distribuzione delle casse nel transetto e sui tempi in cui quell’allestimento poté essere concepito.</p>Adriano Napoli
##submission.copyrightStatement##
2024-10-292024-10-296678710.13125/abside/6361Una testimonianza tra l’età altomedievale e giudicale. Status quaestionis e nuove proposte per i frammenti scultorei di Nuraminis
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6349
<p>La peculiarità del ciborio di Nuraminis (SU), giunto sino a noi in stato frammentario, consiste nella presenza di epigrafi dedicatorie in lingua greca, di cui una, scolpita in alfabeto latino, menziona Costantino I. Attraverso gli studi condotti sui frammenti si propone di indagare i vari aspetti del monumento inerenti all’apparato decorativo e alla sua funzione, soprattutto in relazione alle epigrafi. Queste ultime, infatti, oltre che permette di ipotizzare una commissione da parte di una figura certamente d’alto rango, con un ruolo politico nel territorio cagliaritano, rappresentano un dato importante per la menzione del primo imperatore cristiano. In considerazione dello sviluppo del suo culto in oriente e dell’importanza rivestita dalla sua figura anche in ambito occidentale si è cercato dunque di desumere ulteriori dati inerenti alla collocazione cronologica del ciborio e la scelta di citare Costantino I sul monumento.</p>Giada Lattanzio
##submission.copyrightStatement##
2024-11-012024-11-0168911410.13125/abside/6349Bisanzio nel Baltico. La pittura a Gotland tra XI e XII secolo
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6352
<p>L'intervento prende in considerazione le testimonianze artistiche a carattere bizantino conservatesi sull'isola di Gotland, in Svezia. Verranno analizzati i frammenti lignei dipinti sopravvissuti alla demolizione delle stavkirker (chiese lignee a pali portanti) di Eke, Sundre e Dalhem, databili tra la fine dell'XI secolo e l'inizio del XII. Si passerà, poi, all’esame delle pitture murali in due chiese in pietra tuttora esistenti: quelle di Garde e di Källunge, risalenti alla seconda metà del XII secolo. Ci si pone, dunque, l’obiettivo di gettare nuova luce su un particolare contesto scandinavo, che con tutta probabilità coincide con il limite più settentrionale del raggio di diffusione artistica bizantina nell'Occidente medievale.</p>Elena De Zordi
##submission.copyrightStatement##
2024-11-042024-11-04611514010.13125/abside/6352Monumenti medievali nella Sardegna otto-novecentesca. Demolizioni, anastilosi, restauri e revival
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6364
<p style="font-weight: 400;">In questo saggio si esamina, attraverso alcuni casi studio, il modo in cui i monumenti medievali della Sardegna sono stati riscoperti, restaurati, a volte demoliti, nell’arco cronologico ricompreso tra i decenni finali dell’Ottocento e quelli iniziali del secolo seguente. Si intende proporre anche una prima riflessione di insieme sull’operato di alcuni dei protagonisti delle azioni di tutela e salvaguardia del patrimonio isolano, alla luce del neonato stato italiano.</p>Nicoletta Usai
##submission.copyrightStatement##
2024-11-062024-11-06614116910.13125/abside/6364Ricostruire il perduto: anastilosi digitale della chiesa di Sant'Agostino a Padova
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6360
<p style="font-weight: 400;">Nel presente contributo vengono illustrati i risultati raggiunti e la metodologia adottata nel corso del progetto di ricerca <em>Anastilosi digitale e interpretazione interattiva degli spazi: Sant'Agostino a Padova come laboratorio esemplare</em>, che ha preso come importante caso di studio la chiesa domenicana di Padova nella sua fase trecentesca. L’edificio, demolito nel 1819, ospitava un vasto ciclo ad affresco realizzato da Guariento, di cui sopravvivono alcuni frammenti, e le arche funerarie dei Da Carrara. Il lavoro è stato condotto attraverso il costante dialogo tra le fonti antiche (documenti d’archivio, descrizioni e raffigurazioni antiche della chiesa) e i rilievi sull’area oggetto d’indagine, che hanno permesso la restituzione 3D ragionata del monumento.</p>Cristina GuarnieriElena KhalafRachele Angela Bernardello
##submission.copyrightStatement##
2024-11-122024-11-12617120110.13125/abside/6360Distruzione e rimozione. Risarcire la memoria delle cattedrali perdute di Pavia
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6357
<p style="font-weight: 400;">Negli anni Trenta del secolo scorso la demolizione degli ultimi resti delle cattedrali gemelle di Pavia segnò la definitiva scomparsa di un monumento di straordinaria importanza. La restituzione del complesso episcopale pavese è al centro delle ricerche di cui questo contributo vuole mostrare i primi risultati, in particolare relativi alla fase romanica di XII secolo. Negli ultimi anni è stata condotta un’analisi approfondita dei documenti d’archivio, fra cui spicca l’ingente corpus di fotografie scattate durante le demolizioni di XX e XIX secolo, oltre che dei resti materiali superstiti, come il corredo scolpito, oggi conservato nei Musei Civici di Pavia. La ricerca è ancora in corso e richiederà ancora molto lavoro, ma già ha permesso di ricostruire la collocazione originaria di molti dei frammenti della scultura delle cattedrali, oltre a offrire dati nuovi sulle fasi preromaniche e sull’approccio alle preesistenze del cantiere di XII secolo. I nuovi dati offrono molteplici spunti di riflessione, a partire dai legami con gli altri cantieri del romanico padano e con il ruolo della bottega di Nicolò nel panorama artistico pavese.</p>Luigi Carlo SchiaviFilippo Gemelli
##submission.copyrightStatement##
2024-11-182024-11-18620323310.13125/abside/6357Un’aggiunta alla miniatura padana del XII secolo: gli alberi di parentela in un manoscritto poco noto del Decretum Gratiani nell’Archivio di San Pietro a Perugia
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6331
<p>Le <em><span lang="FR">arbores consanguinitatis et affinitatis</span></em>, miniate a pennello con la rappresentazione di un sovrano barbato e di una coppia di coniugi all’interno di un codice del <em>Decretum Gratiani</em> dell’Archivio di San Pietro a Perugia (CM 4, ff. 291v-292r) sono state menzionate brevemente da Hermann Schadt nel suo fondamentale studio sugli alberi di parentela con una plausibile datazione alla fine del XII secolo. Le <em>arbores</em> del manoscritto perugino sono rimaste pressoché ignorate negli studi successivi. Le figure che decorano i diagrammi possono essere avvicinate a un gruppo di esemplari probabilmente opera di una medesima bottega, forse operante a Bologna negli ultimi decenni del XII secolo. Questo contributo affronta la problematica cultura figurativa di questi artisti, oggetto di interpretazioni controverse da parte della critica a causa delle tangenze con la produzione transalpina e allo stesso tempo della conoscenza estremamente diradata del panorama pittorico bolognese a queste date. Le componenti oltremontane delle miniature appaiono indice di una circolazione di modi nordici comune nella decorazione libraria del tempo in area padana e che doveva altresì caratterizzare un centro internazionale di studi giuridici quale Bologna.</p>Gianluca del Monaco
##submission.copyrightStatement##
2024-11-212024-11-21623525710.13125/abside/6331Il serbatoio del chiostro lateranense: un’ipotesi di ricostruzione della fontana duecentesca
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6362
<p>Nel chiostro della basilica di San Giovanni in Laterano si conserva, almeno fin dall’Ottocento, un serbatoio marmoreo duecentesco, appartenuto in origine alla struttura di una fontana medievale ormai scomparsa. Oggi esso sormonta un cippo funerario romano con iscrizioni e stemmi aggiunti da Giuliano Dati nella prima metà del XVI secolo. L’articolo ripercorre la storia del serbatoio lateranense e presenta un’ipotesi di ricostruzione dell’aspetto originario della fontana perduta cui esso apparteneva, mediante un confronto con altre opere, morfologicamente affini, apparse in contesti claustrali europei tra XII e XIII secolo. In questa prospettiva – e alla luce delle vicende che hanno interessato nel Medioevo il complesso di San Giovanni – si prova a fare chiarezza sulla collocazione originaria della fontana, sulla funzione e sul significato che essa poteva avere per la comunità canonicale del Laterano. A ciò si affianca un’analisi stilistica del manufatto lapideo, per definire meglio la sua cronologia e la sua paternità, specie in relazione al chiostro dei Vassalletto.</p>Eugenia Salvadori
##submission.copyrightStatement##
2024-12-052024-12-05625929410.13125/abside/6362Prope flumen cui nomen Cantara. La chiesa medievale di San Nicola a Castiglione di Sicilia
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6420
<p style="font-weight: 400;">Il contributo ha per oggetto l’architettura e la decorazione pittorica della chiesa di San Nicola a Castiglione di Sicilia, edificio di indubbia origine medievale e di presunta fondazione benedettina sito nei pressi del fiume Alcantara (Sicilia orientale). Attraverso un riesame delle fonti erudite e d’archivio si offre una ricostruzione delle vicende storiche e conservative del monumento, gettando luce sui plurimi restauri del secolo scorso. La lettura morfologica della fabbrica e del suo assetto planivolumetrico permette di inquadrarla nel panorama storico-architettonico della Sicilia del XII-XIII secolo, nel quale l’opzione della navata unica absidata con facciata a capanna divenne modello alquanto diffuso, specie nei contesti suburbani. L’interferenza tra componenti orientali e occidentali che emerge all’analisi iconografica e stilistica dei dipinti superstiti segnala la partecipazione dell’apparato decorativo ad un vasto raggio di esperienze mediterranee che implica relazioni, dirette o mediate, con esempi pittorici attestati in Italia meridionale tra Due e Trecento. Le proposte di inquadramento cronologico e culturale tengono conto dello specifico contesto storico, topografico e viario, con particolare riferimento al ruolo potenzialmente svolto dagli ordini militari di Terrasanta in tali dinamiche di circolazione artistica. </p>Tancredi BellaGiulia Arcidiacono
##submission.copyrightStatement##
2024-12-142024-12-14629533510.13125/abside/6420Il progetto di ricerca “Fragmented Images”. Alle origini dell’arte della vetrata in Europa occidentale (V-IX secolo)
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6365
<p style="font-weight: 400;">Le ricerche in ambito archeologico e lo studio delle fonti scritte hanno ormai da tempo rivelato che le origini dell’arte della vetrata colorata possono essere collocate secoli prima delle più antiche vetrate <em>in situ</em>, databili agli anni 1120-1130. Nei secoli della tarda antichità e dell’Altomedioevo compresi fra il V e il X sono infatti attestate vetrate policrome di forma e fattura diversa rispetto a quelle della piena età medievale, che oggi possiamo ricostruire unicamente grazie ai rinvenimenti archeologici di vetri, piombi e transenne e grazie ad alcune testimonianze scritte. Questo articolo presenta e discute i dati raccolti nelle fasi iniziali del progetto di ricerca che chi scrive sta attualmente conducendo e mira ad illustrare le varie fasi di sviluppo della vetrata in Europa occidentale tra il periodo tardoromano e quello carolingio. Verrà discussa la diversa diffusione della vetrata nel periodo e nelle aree geografiche considerate, le connessioni che si possono stabilire con la coeva produzione di gioielli <em>cloisonné</em> con granati, vetri e smalti, e verrà discusso il ruolo di possibile modello dei <em>sectilia</em> tardoantichi in vetro e marmo.</p>Alberto Virdis
##submission.copyrightStatement##
2024-12-142024-12-14633736110.13125/abside/6365Quattro lacerti e un pinnacolo. Ricostruire lo spazio della cappella Lauri nella cattedrale di Anagni
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6355
<p style="font-weight: 400;">Il contributo si pone l’obiettivo di ricostruire le vicende che hanno interessato uno spazio dimenticato, e di ritessere le trame del tessuto che poneva quest’ultimo in stretto dialogo con il proprio contesto. Il nucleo dell’indagine è racchiuso nel perimetro della Cattedrale di Anagni, stretto negli ultimi anni del Duecento, periodo coincidente con l’occupazione di alcuni spazi del principale edificio di culto cittadino da parte della famiglia Caetani. Gli spazi della Cattedrale diventano il centro dal quale si articola la politica autopromozionale della famiglia, accogliendo le sepolture dei suoi membri più illustri. I poli di questa penetrazione ruotano attorno a due spazi: la cappella Caetani, e un altro ambiente - oggi noto come cappella Lauri - anch’esso in origine di pertinenza della famiglia. Personaggio chiave per questo secondo spazio, a lungo dimenticato dalla storiografia, è Bartolomeo Caetani, nominato vescovo di Foligno da Bonifacio VIII che sceglie questo vano come destinazione della sua sepoltura. L’indagine ha consentito di ripensare le modalità attraverso le quali la famiglia occupa gli spazi della Cattedrale, da intendersi nel senso di una risemantizzazione di spazi già esistenti.</p>Fabio Mari
##submission.copyrightStatement##
2024-12-152024-12-15636338010.13125/abside/6355San Lorenzo di Silanus. Architettura, pittura e arredi
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6363
<p>A partire dall’XI secolo le istituzioni giudicali sarde avviarono una politica mirata ad incentivare il trasferimento degli ordini monastici benedettini nell’Isola. Tra questi, figura anche l’ordine cistercense, fondato nel 1098 da Roberto da Molesme.</p> <p>Non sono giunti fino a noi atti di fondazione, o documenti, che possano chiarire la genesi degli insediamenti cistercensi dell’Isola. Tra queste pertinenze rientra anche la chiesa di San Lorenzo di Silanus, sita in provincia di Nuoro. Il contesto tradizionale inserisce l’edificio di culto tra i possedimenti dell’ordine francese in relazione al sistema delle grange. Si tratta di centri agricoli gestiti dai monaci e dipendenti dall’abbazia di riferimento sita nel medesimo territorio a non troppa distanza dalla grangia stessa.</p> <p>La chiesa di San Lorenzo tutt’oggi mostra una serie di sculture d’apparato architettonico che decorano gli apparati esterni della chiesa, mentre all’interno è possibile ancora ammirare una parte delle pitture che ornavano le pareti. Lo studio dell’edificio impone una serie di considerazioni critiche che riguardano i vari aspetti nel tentativo di indurre ad una nuova lettura critica degli alzati e delle decorazioni.</p>Valeria Carta
##submission.copyrightStatement##
2024-12-102024-12-10638140410.13125/abside/6363Copie, trasferimenti, riuso: viaggio di un dittico eburneo bizantino del X secolo (Museum August Kestner di Hannover e Grünes Gewölbe di Dresda)
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6358
<p style="font-weight: 400;">Nel 1899 Hans Graeven pubblicò un articolo in cui analizzava due rilievi in avorio come parte di un dittico bizantino del X secolo: l’anta sinistra, raffigurante la <em>Crocifissione </em>e la <em>Deposizione, </em>è oggi esposta al Niedersächsisches Landesmuseum di Hannover, mentre l’anta destra, con <em>l’Incontro al Giardino</em> e l’<em>Anastasis </em>è custodita alla <em>Grünes Gewölbe </em>di Dresda. Studi successivi nel XX secolo hanno confermato la validità della tesi di Graeven, anche se la mancanza contributi monografici più recenti lascia senza risposte alcuni quesiti. L’articolo ripercorre le proposte sull’arrivo delle due valve in Occidente, fornisce un’analisi delle iconografie e rintraccia un gruppo di esemplari considerabili falsi e/o copie del dittico.</p>Sara Salvadori
##submission.copyrightStatement##
2024-12-162024-12-16640542210.13125/abside/6358Tam cantando quam legendo. Il breviario monastico e la sua decorazione nel contesto della spiritualità olivetana delle origini
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6432
<p style="font-weight: 400;">Questo studio intende offrire una prima sintesi sul tema del breviario olivetano manoscritto, alcuni strumenti utili alla sua analisi ed un censimento degli esemplari ad oggi noti. La vicenda critica nella quale la ricerca si radica vede da un lato contributi di taglio liturgico-spirituale, proposti da eruditi olivetani quali Valerio Cattana e Giorgio Picasso, dall’altro contributi storico-artistici dedicati ai singoli codici. Il tentativo di offrire un nuovo quadro complessivo di taglio interdisciplinare si articola in tre tappe: un inquadramento storico della spiritualità olivetana e dei suoi riflessi sui testi per la preghiera, l’analisi delle informazioni offerte dalle fonti in merito all’assetto del calendario e alle modalità d’uso dei libri liturgici portatili, la ricognizione dei manoscritti conosciuti o di nuova identificazione. Per ciascuno di essi è presente una scheda nella quale vengono raccolte le informazioni di natura codicologica e storico-artistica, al fine di precisare il contesto cronologico e geografico di produzione, nonché le vicende materiali del singolo oggetto. Il saggio si propone dunque quale punto di partenza utile ad orientare le future ricerche volte ad approfondire lo studio dei breviari olivetani.</p>Maria Ferroni
##submission.copyrightStatement##
2024-12-202024-12-20642345810.13125/abside/6432Pratiche di cantiere e continuità funzionali: osservazioni sulle modalità di rinnovamento in alcune fabbriche veronesi di epoca romanica
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6460
<p style="font-weight: 400;">La necessità di garantire la continuità della prassi liturgica nei momenti di adeguamento del corpo architettonico richiese alle volte l'adozione di metodi di gestione del cantiere molto attenti alle preesistenze. Ciò è soprattutto evidente nei casi in cui si è innanzi a realtà di qualche rilievo, che dovevano mantenere in funzione lo spazio sacro anche durante le articolate operazioni edilizie di rinnovamento. Se addirittura si fosse programmata la sostituzione dell'intera fabbrica, ogni azione avrebbe dovuta essere accuratamente coordinata e il progetto doveva tenere in considerazione l'antica struttura da mantenere integra il più a lungo possibile. Nel saggio vengono individuati alcuni casi a Verona in cui sembra di rintracciare un preciso programma di avvicendamento che addirittura giunse a condizionare il nuovo progetto. Il monastero di San Fermo maggiore (1065) e la cattedrale di Santa Maria matricolare (prima metà del XII sec.), attraverso la valutazione di alcuni indicatori archeologici, suggeriscono che fu adottata una precisa volontà a preservare la struttura preesistente fino a quando quella nuova fosse stata in grado di accogliere pienamente le azioni rituali e riverberarle nel futuro senza cesure. In entrambi i casi le antiche fabbriche furono sostituite integralmente mantenendo intatta la propria struttura fino alla fase più avanzata dei lavori della nuova struttura romanica.</p>Fabio Coden
##submission.copyrightStatement##
2024-12-262024-12-26645948610.13125/abside/6460Le pitture sul muro nord della basilica di San Clemente: ricostruendo il primo Giudizio universale di Roma
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6351
<p style="font-weight: 400;">Questo studio affronta il problema della frammentarietà e dell'alterazione delle opere d'arte medievali, con particolare attenzione alle pitture murali nella navata destra della basilica paleocristiana di San Clemente a Roma. Le pitture sono interpretate come parte di un'antica rappresentazione del Giudizio Universale, sebbene siano state oggetto di diverse letture storiche. Attraverso un'analisi dettagliata delle testimonianze grafiche e dei confronti stilistici, si supporta l'interpretazione proposta da Joseph Wilpert, che vede nei pannelli raffigurazioni dei Beati e dei Dannati. Lo studio esamina anche la datazione delle pitture, proponendo una collocazione nel IX secolo, e discute l'insolita posizione del Giudizio nella navata laterale, considerando l'evoluzione degli spazi di culto adiacenti.</p>Claudia Cianfriglia
##submission.copyrightStatement##
2024-12-302024-12-30648751010.13125/abside/6351Frammenti erratici e spazio sacro: dentro e intorno la cattedrale di Matera
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6348
<p style="font-weight: 400;">L’intervento si apre con la presentazione di alcuni frammenti scultorei erratici databili al XIII secolo e attualmente conservati presso il Deposito di materiali lapidei del Museo Archeologico Nazionale di Matera. Attraverso l’analisi stilistico-formale e tramite la documentazione d’archivio i pezzi vengono contestualizzati all’interno del panorama artistico medievale materano. Tra i materiali presi in considerazione, appare particolarmente degno di nota un gruppo omogeneo di frammenti verosimilmente pertinenti ad un perduto arredo liturgico, di cui l’elaborato offre un’ipotetica e preliminare restituzione visiva. Oggetto della seconda parte del contributo, invece, sono diverse sculture zoomorfe di fattura duecentesca reimpiegate all’interno di una delle cappelle della Cattedrale dedicata a Santa Maria della Bruna e di Sant’Eustachio. Per tutti questi materiali, infine, viene proposta e diversamente argomentata l’ipotesi dell’originaria provenienza proprio dalla Chiesa Madre della Città dei Sassi, monumento che, a seguito di recenti restauri, è oggi tornato all’attenzione della critica.</p>Chiara Audizi
##submission.copyrightStatement##
2024-12-302024-12-30651152810.13125/abside/6348Gli arredi liturgici di Nicola da Monteforte per la cattedrale di Benevento: ricostruzione del perduto e qualche nuova riflessione
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6509
<p style="font-weight: 400;">Oggetto di questo studio è l’arredo liturgico tardomedievale della cattedrale di Benevento e, in particolare, gli amboni e il candelabro per il cero pasquale realizzati dallo scultore Nicola da Monteforte Irpino nel 1311 e andati distrutti nei bombardamenti del 1943. Nel contributo – attraverso l’analisi dei frammenti scultorei superstiti e il riesame delle fonti storiche, testuali e iconografiche – ci si concentra sulla ricostruzione dell’assetto originario dei pulpiti e dell’annesso candelabro pasquale, approfondendo aspetti connessi alla funzione, al programma iconografico e al ruolo dell’artista, Nicola da Monteforte.</p>Manuela GianandreaElisabetta Scirocco
##submission.copyrightStatement##
2024-12-302024-12-30652955410.13125/abside/6509Mosaici parietali perduti nella Gallia cristiana: un quadro d’insieme
https://ojs.unica.it/index.php/abside/article/view/6511
<p>Oggetto del presente contributo sono le testimonianze di mosaici parietali perduti della Gallia cristiana, fra IV e VII secolo, desumibili da fonti scritte (di età tardoantica, medievale e moderna) e frammenti materici (per lo più tessere rinvenute in occasione di scavi archeologici). Lo studio ha portato a documentare una trentina di casi, concentrati in 18 centri della Francia, disseminati sull’intero territorio. Finora il fenomeno in questione non era mai stato analizzato nel suo insieme e questa prima indagine restituisce un quadro sorprendentemente ricco e variegato, soprattutto se si riflette sul fatto che la Francia (a differenza dell’Italia), non conserva rivestimenti musivi di dimensioni monumentali risalenti all’età tardoantica. I dati acquisiti, in linea generale, quasi mai ci dicono qualcosa sui contenuti iconografici dei contesti ma forniscono comunque preziose informazioni sui materiali (data la frequenza di rinvenimenti di tessere vitree multicolori, anche con foglia d’oro), sulla produzione (considerata l’attestazione, in almeno due casi, di fornaci <em>in situ</em> per il vetro) e sui committenti (soprattutto vescovi, ma anche monarchi e personaggi eminenti della società laica). </p>Simone Piazza
##submission.copyrightStatement##
2024-12-302024-12-30655558210.13125/abside/6511